PRESCRIZIONE: rischi di populismo giudiziario?
PRESCRIZIONE: rischi di populismo giudiziario?
La prescrizione è un istituto giuridico che prevede l’estinzione del reato trascorso un determinato periodo di tempo, di regola pari al massimo della pena che il giudice può infliggere e che inizia a decorrere da quando il reato è stato commesso o tentato.
Le prescrizioni sono scese dalle 183.469 del 2005 alle 145.637 del 2016 dove quelle maturate prima del giudizio sono state la maggioranza, 85.216.
Essendo gli abusi edilizi i reati più soggetti a prescrizione, il focus politico di questi giorni ha visto il Movimento 5 Stelle, Ministro della Giustizia Avv. Alfonso Bonafede in testa, emendare il disegno di legge anticorruzione inserendo la sospensione della prescrizione dopo la sentenza penale di primo grado. Di rimbalzo la Lega ha postdatato lo stop alla prescrizione prevedendone l’entrata in vigore al 2020 e solo dopo la riforma del processo penale.
Mi sembra pertanto evidente che sulla prescrizione si potranno dormire sonni tranquilli per tanti anni ancora.
Ciononostante gli avvocati penalisti hanno proclamato l’astensione dalle udienze dal 20 al 23 novembre, iniziativa che mi preoccupa per il rischio che passi un messaggio sbagliato e finanche pericoloso in tempi di populismo giudiziario.
Infatti la piattaforma Rousseau si è espressa, i grillini hanno votato, quindi il popolo italiano ha deciso: “basta furbetti! che i colpevoli vengano puniti! è ora di farla finita con chi approfitta di cavilli giudiziari per allungare i tempi del processo e farla franca!”
Ecco allora che se alla piazza che grida “giustizia” rispondono gli avvocati alzando barricate, temo si possa rafforzare il credo popolare che vuole la categoria professionale piegata a soddisfare l’esigenza di impunità dei più ricchi malfattori nel cui interesse tutto si giustifica.
Rischio che si supera solo confessando: non esistono avvocati capaci di fare assolvere un imputato per prescrizione.
Non esistono segrete tecniche o ingegnosi artifici, scienza privata occulta del principe del foro, bensì esistono leggi processuali che non funzionano, magistrati sollevati dai processi per incarichi di studio e di politica giudiziaria, risorse economiche insufficienti per il funzionamento ordinario degli uffici.
Altrimenti come spiegare che nel 2016 i processi estinti per prescrizione sono stati il 51% a Tempio Pausania e lo 0,2% ad Aosta? Forse che alcuni avvocati conoscono formule magiche che altri ignorano?
Come spiegare che il 50% delle prescrizioni che maturano in appello sono concentrate nelle Corti di Roma, Napoli, Torino e Venezia? Forse che occorra una migliore distribuzione dei magistrati?
Bloccare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, come vuole il Governo gialloverde, impatterà solo sul 20/30 % dei processi che attualmente si prescrivono e comunque riguarderà i reati che verranno commessi successivamente all’entrata in vigore della riforma.
E ciò a quale costo?
Condannato o assolto in primo grado, la condizione di imputato diventa permanente, esecuzione essa stessa di una pena, ciò mentre i beni restano sequestrati e la partecipazione a un concorso pubblico negata, tutto nell’attesa si chiuda un processo che, già oggi il più lungo d’Europa, 384 giorni contro gli 82 della Gran Bretagna, si protrae senza fine.
A mio avviso sarebbe opportuno si intervenisse sulle indagini preliminari dove si consuma la maggioranza delle prescrizioni e ciò riconoscendo un ruolo più incisivo al giudice allorquando viene richiesta dal pubblico ministero la proroga dei termini di indagine.
Una soluzione immediata e soprattutto rispettosa dell’art.111 della Costituzione per il quale un processo è giusto, solo quando ha una durata ragionevole.
Porto San Giorgio, li 11/11/18
Avv. Andrea Agostini